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Cassazione Lavoro: no alla responsabilità automatica del committente per infortunio lavoratore

Corte di Cassazione - Sezione Quarta Penale, Sentenza 30 gennaio 2012, n. 3563
 

Cassazione Civile: delega del creditore per l'estinzione del pagamento

Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza 13 gennaio 2012, n.390
 

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28-01-2012

Cassazione Civile: delega del creditore per l'estinzione del pagamento

Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza 13 gennaio 2012, n.390

 

da www.filodiritto.it 

 

La Suprema Corte, chiamata ad accertare se il diritto di un presidente del consiglio di amministrazione di una società di capitali al compenso pattuito fosse stato estinto dal pagamento fatto al terzo, nel caso di specie a favore di due società che facevano capo al creditore, ha escluso che:

1) detto pagamento possa essere considerato, per presunzione di legge, voluto e quindi conosciuto dallo stesso, con la conseguente estinzione dell'obbligazione gravante sulla società, e

2) il bilancio sottoscritto dal presidente del consiglio di amministrazione possa costituire presunzione legale dell'esistenza e conoscenza dei fatti e degli atti in esso elencati, dispensando da qualunque prova coloro a favore del quale le presunzioni sono stabilite.

In sintesi, queste sono le principali conclusioni a cui è giunta la Corte all'esito del giudizio in esame.

In particolare, la Suprema Corte, respingendo il ricorso della società debitrice, ha confermato la sentenza resa dai giudici della Corte di Appello di Roma che aveva condannato la società a ripetere i pagamenti nell'interesse del creditore, poiché non era stata fornita la prova della delega del pagamento del credito a favore di due (sue) società.

I Giudici di merito avevano quindi correttamente osservato che non era stata raggiunta la prova della delega del pagamento del compenso a favore delle due società e che:
(i) l'unica prova, non sufficiente, offerta dalla società debitrice era costituita dalla sottoscrizione dei bilanci da parte del creditore, dalla quale, secondo la tesi di parte ricorrente, si sarebbe dovuto desumere la conoscenza dei pagamenti e quindi il suo consenso;
(ii) né i bilanci prodotti né le relazioni approvate dal consiglio di amministrazione evidenziavano quei pagamenti;
(iii) quando pure i pagamenti risultassero dalla contabilità sociale della convenuta da ciò non poteva presumersi la conoscenza di queste registrazioni da parte del controricorrente, che - come accertato in corso di causa - non seguiva la contabilità sociale, pur dovendone rispondere giuridicamente;
(iv) nella specie non si trattava di accertare tale responsabilità, bensì la conoscenza acquisita dal creditore dei pagamenti fatti a terzi.

A conferma di quanto sopra, la Corte esclude che "la diligenza richiesta agli amminsitratori, in sede di redazione di bilancio, si estenda alla verifica analitica dei titoli dei pagamenti registrati nel corso dell'anno e della loro efficacia liberatoria, limitandosi la responsabilità degli amministratori, per questa parte, alla corrispondeza delle poste che emergono nel conto economico con la contabilità della società. La stessa correttezza della contabilità, del resto, verte sul fatto che i dati contabilizzati registrino operazioni effettivamente compiute, ma non implicano valutazioni sulla validità dei titoli di pagamento e sulla loro efficacia liberatoria".

Pertanto, continua la Corte, "il bilancio ... vincola i soci e la società, ma non i terzi, qual è lo stesso amministratore nel suo rapporto contrattuale di lavoro con la società. Esso dunque, se approvato e non tempestivamente impugnato ... non comporta che il pagamento al terzo debba ritenersi valido e idoneo ad estinguere l'obbligazione per il creditore che lo richieda in giudizio".

Sulla base di dette considerazioni, la Corte di Cassazione esclude che il pagamento fatto dalla società sia imputabile allo stesso amministratore, "giacché l'immedesimazione organica comporta l'immediata imputazione alla persona giuridica dell'atto del suo organo, e non il contrario. Dalla premessa che la società abbia pagato non può trarsi dunque l'illazione che il pagamento sia imputabile alla persona fisica del suo amministratore (anche unico), che qui deve essere considerato non come organo della società, ma come suo creditore; e lo stesso pagamento fatto o disposto dall'amministratore quale organo della società deve essere valutato, sul piano psicologico, e quindi meramente presuntivo dei rapporti in corso tra le parti, in modo assai diverso, potendo esso costituirse un atto dovuto per la società nei confronti del terzo, per un titolo diverso dalla delega del creditore".

In conclusione, i Giudici della Suprema Corte considerano errato l'assunto per il quale, nel caso di specie, "la prova liberatoria richiesta dalla debitrice riguardasse la conoscenza, da parte dell'amministratore-creditore, del pagamento delle sue competenze alle sue società terze". Tale conoscenza non può dunque determinare l'estinzione dei crediti, per la quale è necessario provare la "positiva manifestazione di volontà" del creditore che i pagamenti fossero fatti ad altri.


Cassazione Civile: è controversa l'applicazione della prescrizione nella Legge Pinto
13-11-2011

da www.filodiritto.it 

 

La Prima Sezione della Corte di Cassazione, in Camera di Consiglio, ha rimesso al Primo Presidente della Cassazione la valutazione in ordine all'opportunità di assegnare alle Sezioni Unite la questione, sulla quale ha rilevato un contrasto nella giurisprudenza di legittimità, sui rapporti tra prescrizione e decadenza dell'azione per l'equa riparazione di cui all'articolo 4 della Legge Pinto (89/2001).

In particolare il punto controverso riguarda la decorrenza del termine di prescrizione prima della scadenza del termine decadenziale (sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza).

Con sentenza 20 dicembre 2009, n.27719 la Cassazione si è schierata a favore della non decorrenza del suddetto termine prima della scadenza del termine decadenziale, mentre con sentenza 24 febbraio 2010, n.4525 la Cassazione ha assunto un orientamento opposto, stabilendo che: "la vicenda estintiva matura nel tempo e per effetto del proseguire del processo e del verificarsi dei pregiudizi per i soggetti legittimati a chiedere l'indennizzo, per cui all'attore compete ogni danno dal momento degli eventi lesivi che si susseguono a decorrere dal decimo anno anteriore alla domanda, salvo che questa sia stata proposta oltre il termine di sei mesi di cui all'ultimo inciso dell'articolo 4 della legge 89/2001".

 


 
 

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